Cultura

Distopie: il diritto all’aborto

Il 24 giugno la corte suprema statunitense ha abolito la famosa sentenza Roe v Wade che garantiva il diritto di interruzione la gravidanza.
Della complessa storia giurisprudenziale statunitense non ne sono nulla, e non è che me ne freghi più di tanto. Il mio unico filtro negli anni sono stati i film presi da Grisham e sporadici telefilm subliminatori della noia. Alla fine l’idea che sono fatta è che per essere un buon avvocato in USA devi avere due cose: ottima retorica e dei bravi minions che battono gli archivi alla ricerca di preziosi precedenti.

Ma io mi occupo di narrazioni fantastiche.
Quando la Roe|Wade è stata stappata mi sono esplosi i social con video, gente arrabbiata e infografiche di fantascienza.
Una di queste cercava un posizionamento su un’ipotetica linea temporale tra Mad Max (siccità e mancanza d’acqua) e Il racconto dell’Ancella (Gilead, stato veterotestamentario).
Si tratta quindi di uno slittamento tra la nostra realtà e gli immaginari distopici. A vedere quelle infografiche mi sono chiesta quanta realtà era, negli anni, trasmigrata nel fantastico (e perché proprio nella distopia?) e quanto ai confini della realtà fosse al contrario entrata nella nostra realtà?

In un futuro non così lontano…

Per la mia tesi ho analizzato in piccola parte Il racconto dell’Ancella e la sua trasposizione a schermo. Lo stesso per Hunger Games. La mia conclusione è che Katniss Everdeen possa essere idealmente una nipote di Offred, le due sono collegate.

Hunger games l’ho letto da molto adulta, e se lo avessi trovato a 14 anni lo avrei adorato.
L’impatto che il film ha avuto sul mondo esula dalla sua dimensione di narrazione d’intrattenimento avventurosa: in molti paesi del sud est asiatico il saluto di Katniss è diventato un simbolo di resistenza.
Hunger Games ha un tasso di cattiveria raro per essere un libro per teenagers: mostra una vita dura e Katniss si dice anche dispiaciuta, ma per sfamare la sorella deve fare il necessario. Ha solo 16 anni ed è consapevole che è questione di vita e di morte mettere in tavola qualcosa.
La cosa che passa in secondo piano purtroppo è il suo quotidiano prima dell’arena: i ragazzi del distretto minerario vanno a scuola, ma serve a poco. Nessuno sa com’era il mondo prima.
Il divario di classe tra loro e la ricchissima Panem è immenso: mentre Katniss vive come fosse in un villaggio Ottocentesco, Panem ha la scienza vera, e possono permettersi di buttare il cibo dove invece Katniss lo doveva mendicare o cacciare.
Ma soprattutto Katniss aveva maturato l’idea che no, non avrà figli che saranno condannati a vivere di paura nell’arena. Farò quello che è in mio potere, non vuole sposarsi. Era davvero un tipetto dalle idee chiare.

Il racconto dell'ancella - serie tv
The handmaid’s tales

Il Racconto dell’Ancella invece è una narrazione spietata e adulta. Offred è una donna adulta, non una ragazzina, e la sua modernità stava nell’essere pavida. Una persona normale intrappolata in una società delirante che parte dalla cancellazione dei diritti delle donne, soprattutto dell’aborto.
Nel trasbordo a serie tv di cinquant’anni dopo la repubblica di Gilead si mostra in tutta la sua spietatezza (e ipocrisia). Un regime veterotestamentario che ha cancellato i diritti delle persone, castizzato la società, censurato i media e perseguitato l’aborto.
La differenza sostanziale tra le due versioni sta nel personaggio di Serena Joy.
Se nel romanzo si tratta solo di una vecchia telepredicatrice (negli anni Ottanta andavano fortissimo, la tv soprattutto, era il regno delle lezioni di fitness e appunto teleprediche), nella serie ha fatto un salto di media anche lei.

Serena Joy viene potenziata nel suo ruolo di stronzetta rampante conservatrice apparentemente femminista perché come ottiene il potere è per sé sola soltanto. È lei che crea l’impianto ideologico di Gilead, suo marito fa da valletto. Lei quindi è consapevole di creare una gabbia per tutte le altre donne. È lei con la sua faccina pulita e il suo ruolo di donna in carriera che permette ai colonnelli di Gilead di potenziarsi, lei la facciata rassicurante: guardate, abbiamo una donna che con noi e le nostre (sue) idee si trova così a suo agio. La bambolina agitata dai sistemi perché le altre credano che siccome lei è lì allora va tutto bene; l’esca. Ma è solo a lei, rassicurante e non pericolosa, che viene concesso lo spazio.

Ciò che manca nel libro è il destino di Serena, perché il libro finisce dove coincide il finale della prima stagione: ma nella serie tv Serena viene letteralmente fagocitata dal suo stesso sistema. Lei era una fine stratega esperta di crisi politiche, ma non conta.
Ha lavorato tanto per mettere il marito in una posizione perfetta… e lui appena consolida il suo potere le si rivolta contro e la ricaccia a scegliere i fiori in salotto.
Se vuoi puoi detto da stronzette conservatrici serve solo a consolidare loro stesse. Faranno di tutto per ostacolare chiunque in una difesa di sé che coincide con la difesa dello status quo, perché altrimenti verrebbero silurate subito. Basta vedere quanto negli ultimi mesi ci stiano pompando la figura di Livia Drusilla, la moglie di Augusto, come ‘femminista’ anacronistica per qualsiasi tipo di racconto fiction: una stronzetta di prima categoria che ha brigato per mantenere su solo sé stessa mentre per le altre i problemi restavano li stessi, se non acuirsi maggiormente. Curioso come questi stessi caratteri che descrivono invece Tanaquilla (moglie di Tarquinio Prisco, quindi etrusca) siano invece negativizzanti. Si tratta evidentemente di una fascinazione del potere che resta sempre tale, ma condita con un po’ di glitter di girlpower al sapore di vaniglia.

Il peggior giorno della tua vita… fin’ora.

Quello che ho evidenziato nella mia tesi era che le narrazioni di fantascienza non erano solo intrattenimento architettato su speculazioni sociali e scientifiche, ma c’è un filo particolare che unisce proprio le utopie e le distopie femminili. L’attacco alla Roe|Wade ne è un esempio lampante.

Le donne che hanno lottato per un diritto ricordano il prima e il dopo quel diritto. Le donne loro figlie, allieve e discendenti invece sono consapevoli che potrebbero perderlo. Sono una specifica categoria di diritti civili mobili: possono sparire e ricomparire nel giro di pochi anni.
È una finestra di tempo risicatissima.

Ma perché consideriamo le utopie come sinonimo di qualcosa di meraviglioso ma impossibile da realizzare, mentre la distopia qualcosa che è sempre più vicino a noi?

Probabilmente perché le utopie sono state scritte per cinquecento anni da donne, che erano soggetti più giuridicamente deboli: sono narrazioni che raccontano un luogo immaginario in cui potevano vivere in tranquillità senza uomini. Niente matrimonio, niente uomini, niente guerre, a contemplare il bello della natura e delle arti. Il discorso poi si è ampliato, inglobando il diritto di voto, il diritto al lavoro (pesante, nei campi, e scientificizzato), e gestire sé stesse, i propri beni, l’istruzione e la sessualità. I concetti quindi di narrazioni femminili e gli elementi di pacifismo ed ecologismo si sono così sempre più avvicinati. Queste narrazioni prettamente femminili nate in contesti fortemente patriarcali ha fatto sì che fossero considerate idee lunari… finché una dopo l’altra non si sono avverate.

Al contrario la distopia è sempre qui dietro: basta cancellare una norma qui, una norma là, fare una legge a gruviera, e oplà. E nella realtà delle cose passa sopra a tutto con una narrativa moralizzante e di ossessivo controllo dei corpi (femminili soprattutto, ma non solo).

I diritti vengono quindi conquistati, normalizzati, e poi erosi dall’interno.
Utopie e distopie sono saldamente legate perché non è questione di immaginarsi stoicamente che in un futuro sempre più vicino migreremo di oasi in oasi alla ricerca di acqua potabile in sella a un accattivante mezzo di trasporto vestiti come cosplay che non hanno considerato i 28° di fine ottobre a Lucca. Le distopie sono più infide, perché si insinuano nel nostro quotidiano, nelle nostre condizioni sociali contemporanee e cominciano a sgretolarle. Quando è fatta è troppo tardi: nemmeno il tempo di comprare un bel completo steampunk, sei ancora in pigiama e con meno diritti.

La cancellazione della Roe|Wade, che ha rovinato la vita a chissà quante migliaia di donne statunitensi, è una prova lampante di quanto le utopie e distopie femminili siano così saldamente legate alla realtà: sono diritti che vengono continuamente rimessi in discussione finché per una serie di circostanze non succede. L’utopia li immagina da un contesto in cui non ci sono e la distopia li distrugge in un contesto in cui erano presenti, perché nell’arco della propria vita una donna può vivere almeno uno dei momenti, e forse entrambi.

E in Italia?

In Italia il fantastico è un secolo che è stato slegato dalla realtà perché considerato qualcosa con cui ci si balocca e nulla più. Non ho ancora trovato distopie concentrate su questi argomenti, ma avendone una io in cantiere di certo anche altre persone ne avranno. Prima o poi qualcuna di sicuro arriverà in pubblico.

Per la situazione della 194 in Italia sappiamo dei continui tentativi di disinnescarla. Interessante è questo progetto, Mai dati, che si concentra sul fatto che i dati sono aggregati e chiusi, quindi non così chiari sollevando il problema proprio della trasparenza.
Una lettura invece importante è Vita – l’aborto di un paese civile, della meravigliosa e talentuosissima Anna Cercignano.
Nel nostro caso non è necessario guardare che succede così lontano, verso un altro continente.

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