Cultura

Piero Angela

Oggi a Roma si è tenuto il funerale di Piero Angela.

È uno dei tre perfetti sconosciuti per cui ho pianto perché anche se non l’ho mai incontrato di persona. Incontrai l’Erede, anni fa, a cui raccomandai di salutare il caro Padre della gens. Come vedo moltissimi della mia generazione, ha avuto un impatto più che travolgente e rivoluzionario.

Ora, dato che sono numerosi i post di commemorazione, di addio addolorato e coccodrilli sdentati, io nel mio spazio voglio raccontare una storia. Breve, la mia, adesso che ho smesso di urlare come Frodo a Moria e sono un po’ più calma (NO).
Di come io e Piero Angela (non) ci siamo (mai) incontrati.

Nel millennio scorso

Correvano i primi anni Novanta, e io ero una qualsiasi bimbetta fastidiosa di una delle più dimenticabili periferie milanesi. Qui l’unico servizio culturale si era manifestato modello avvento di Gozer: dal giorno alla notte, in una petroliera di cemento, hanno aperto la biblioteca di quartiere.
È una biblioteca piccola ma che ci crede duro, fa resistenza, ora organizza piccole mostre, cerca di mantenere aperti tutti i servizi essenziali.
Al contrario, la mia relazione con la scuola è sempre stata basata sull’odio reciproco. Fino alla terza media, la scuola per me rappresentava un dispositivo di controllo e di dominio. Una noiosa tirannide a cui eravamo obbligati, una prigione per bambini, il regno degli adulti che nessun infante vorrebbe mai trovarsi in cattedra.

Sono riuscita ad avere accesso a una cultura scientifica di base grazie al connubio tv – biblioteca. Non scuola e biblioteca. Questo perché alle avventure di personaggi fantascientifici e animati si aggiunsero le trasmissioni di Piero Angela. Mia madre mi portava al museo di scienze naturali la domenica (i musei comunali erano gratis, fantascienza estrema) e poi guardavo i documentari alla tv.

Piero Angela e la sua schiera di collaboratori una sera a settimana si sedevano nel nostro salotto non ci spiegavano le cose, ma ci insegnavano i segreti dell’Universo. Tutti i segreti. Lo guardavi e ti sentivi degno di ricevere cotanto insegnamento prezioso, come mai ti capitava durante il giorno in classe, al tuo banco a guardare delle schede bruttine da colorare. Piero Angela ha rivendicato uno spazio pubblico e lo ha usato per parlarci di quanti, universi, fornaci stellari, dinosauri, archeologia, deserti, dna. Ci ha reso partecipi delle scoperte più recenti che, non accedendo noi a riviste specialistiche, non avremmo mai immaginato.

Non si tratta solo di spiegarci la scienza, ma ci investiva di positiva fiducia perché sicuro che la stagione seguente ci saremmo stati.

Fare la propria parte

Piero Angela è amato perché incarna nella nostra realtà il mentore ancestrale. Il saggio canuto che condivide i segreti dell’Universo come se te li affidasse perché è sicuro che tu li userai bene e non ci farai un macello. Non era una figura paternalistica, ma complice: è la figura di mentore, il Merlino con Semola e, come ogni Merlino, arriva il momento in cui ti lascia e se ne va perché è sicuro che sei diventato grande abbastanza da poter fare da te.

Non si tratta solo di insegnare le scienze, quelli sono buoni tutti con un libro di testo. Si trattava di fiducia, di credere che argomenti così complessi il pubblico li avrebbe fruiti con entusiasmo, entusiasmo che permetteva di non lasciarli alle complesse chiacchiere chiuse di intellettuali e scienziati.

Ancora oggi, quando devo pianificare qualcosa nel mio lavoro, uso approcci razionalizzanti e scientifici prima che “magici”. La prima immagine mnemonica che ho è quasi sempre un frammento divulgativo di superquark. Superquark è stato il mio primo contatto col metodo scientifico, con gli esperimenti, con la razionalità, con il meraviglioso, con mondi naturali che non vedrò mai per ragioni temporali e spaziali. Spaziando in ogni tipo di scienza, e quindi legittimandole una accanto all’altra, io ho assistito a processi conoscitivi che non avrei potuto vedere, men che meno a scuola. Grazie a Superquark io vivevo di rendita, a scuola, e ancora oggi come detto gli devo molto.

Il punto della mia storia è proprio questo: l’educazione scolastica che ho ricevuto è stata pessima, scarna, ripetitiva, dogmatica, pronta a negare sé stessa anche davanti all’evidenza, più preoccupata di rafforzare i suoi squilibri di potere e di calare dall’alto un insegnamento che non deve essere compreso ma solo memorizzato, creando una ridicola scala valoriale delle scienze, esibendosi in stereotipi imbarazzantemente otto-novecenteschi ed elitari.
Io guardavo Superquark e potevo invece sentire parlare di cosmo, di etologia, di anatomia, ma anche di archeologia, arte e letteratura, come avrebbe dovuto essere.
Grazie a Piero Angela, io ho vissuto di rendita scientifica. Quello che imparavo dalle sue trasmissioni lo applicavo ai miei compiti, perché quello che ci era dato a scuola erano briciole.

Ciò che resta

Questo paese ha un serio problema di accesso alla scuola, di qualità della scuola facendo figli, figliastri e orfani. Di scuola pubblica, laica e solida nell’insegnamento scientifico, siano esse scienze dure che umanistiche.
Ha un problema di non fare ricerca adeguata in ogni campo. Di pretendere risultati massimi sfruttabili ai costi minimi, decenni di tagli e mancati finanziamenti, di strutture vetuste.
Ha un problema di drastico calo di qualità dei servizi culturali erogati alla cittadinanza. Biblioteche, archivi, musei, aree archeologiche chiuse, abbandonate, con personale malpagato. Patrimonio culturale scambiato come collanine di perline per concetti ridicoli di orgoglio tipo siamo il paese più bello del mondo, noi abbiamo la cultura, perché possederla e manutenerla sono cose diverse. Mostre private a 15 euro piene e musei civici a 3 euro chiusi. Di essere il paese più bello del mondo non me ne frega niente se vuol dire strutture chiuse, servizi non erogati, personale volontario e precarizzato, beni culturali in ostaggio e usati come orsi ballerini.
Ha il problema di ricordarsi che ha dei cittadini solo quando vincono premi. Per il resto li dimentica volentieri in contratti precari, in aule affollate, in percorsi culturali inadatti e impropri nel 2022 che non fanno altro che svuotare di senso critico per creare solo pompose e vuote celebrazioni.
Ha un problema di divulgazione: perché la rai che trasmetteva Superquark è la stessa che ha drasticamente ridotto la comunicazione divulgativa. Programmi dedicati alla lettura risicati in tempi ridicoli; le pagine dedicate all’estero svanite. È aumentato lo spazio solo per quiz a premi, fiction stucchevoli ma soprattutto salotti privi di contradditori con personaggi semisconosciuti e politici che berciano stronzate a tutto spiano fino a notte tarda.
La parte documentaristica si è ridotta drasticamente: se non è una pomposa celebrazione vacua, è un resoconto di viaggi da resort.
Anche i testi sono cambiati molto, stringando le informazioni per fare spazio a narrazioni più emotive. Faccio molta fatica a coniugare le immagini del maestro Manzi, di Piero Angela e di quanto trovo adesso sulla tv di stato: i ragazzini di adesso hanno qualcosa di simile a quello che abbiamo avuto noi? Alla tv poco, e infatti è stato il botto della divulgazione web: i teenagers hanno pochi soldi nelle tasche, anche virtuali, ma i social sono gratis, e lì trovano divulgatori e divulgatrici di caterve di materie e branche.

La mia preoccupazione è questa. Che a Piero Angela tocchi l’anno prossimo la stessa sorte di Pertini: tentativi di sublimarne l’immagine dell’arzillo e simpatico nonnino della patria soprassedendo le loro battaglie personali e iniziative. Da disinnescare, disarmare e consegnare al ricordo, non alla memoria collettiva.

Piero Angela è stata la finestra sulla scienza che altrimenti non avrei mai avuto. Non ci siamo mai incontrati e non sono andata al suo funerale, ma con lui ho appreso moltissimo. I metodi scientifici, gli esperimenti, la razionalità e ho scoperto le comete, la storia della Terra, il corpo umano, la natura più inospitale, animali estinti, i manoscritti, i relitti delle navi. Soprattutto, in un discorso che è più ampio, mi ha instillato il concetto di divulgazione, concetto che ho ritrovato spontaneo in tutti i miei insegnanti d’arte: se conosci qualcosa, condividilo con chi non lo sa.

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