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Bilanci e buoni propositi 2023-2024

Buongiorno,
Con l’articolo di oggi inauguro il blog per il nuovo anno!

Come capita a tutti, tra dicembre e gennaio, anche io ho fatto delle liste di buoni propositi e un bilancio delle attività, sia pubbliche che private.

Fare i bilanci e i nuovi, buoni propositi, è sempre un momento complicato, perché si tende a essere molto generosi con le proprie intenzioni. Purtroppo il tempo non è una risorsa così generosa come crediamo. Tendiamo a fare liste di buoni propositi molto più ricche di quanto possiamo gestirne. E, soprattutto, senza pensare a come riempire ciò che sta tra l’atto di scrivere la lista e la sua realizzazione.

Io ho fatto una lista di propositi e un bilancio. Le parti più private, che di certo non sono interessanti per chi mi segue per il lato creativo, non prendo spazio a rendervele note (sono abbastanza comuni).

Copertina : bilanci 2023 e 2024

Il 2023

Negli ultimi anni e nella prima parte dell’anno trascorso ho avuto una serie di grosse delusioni lavorative. Progetti di lavoro che, pur partiti con intenzioni che sulla carta non potevano che essere buone, si sono poi trasformate in trappole succhiatempo. Il problema è che molto spesso non sono andati storti per causa mia, per cause oggettive o delle persone coinvolte con me, ma per un diffuso sentimento pressapochismo e fioccodinevismo. Clienti insolventi, ghosting diffuso, incapacità decisionale, nepotismo. Il capolavoro in un caso di lamentarsi perché hanno scammato il progetto e “ci hanno copiato senza permesso”, salvo poi passare in toto all’uso di ai.
Restare sospesi senza più informazioni perché “ah ma ora ci sono le ai”, o tentativi spudorato di ricalco e copia di Chiantishire (sì, anche questo). C’è ancora gente che si ostina a usare mie bozze spacciandole per lavori finiti propri, applicandoci brutte grafiche festose e slogan anni Novanta. Un uso mai determinato dai contratti in essere, e tanto altro ancora: la lista delle performance assurde di chi si crede il Marchese del Grillo è lunga.
Fortunatamente, ho trovato poi un lavoro part time che mi piace molto. L’ambiente è ultrapositivo, le persone con cui lavoro sono tutte adorabili e soprattutto mi permette di bilanciare il tempo lavoro col tempo in famiglia. Incidentalmente, riesco ad avere anche il tempo pure per fare altro. Sono riuscita, dopo tanto tempo, a ritornare in montagna con una certa serenità.

Ho risolto anche il blocco del disegno. Oltre alla mancanza di tempo che avevo per disegnare e la tranquillità, ho dovuto reimparare ad affrontare la pagina. Tra colorare e disegnare preferisco di gran lunga disegnare, e riprenderlo come si deve era uno dei buoni propositi eterni. Per questo mi è stato molto d’aiuto avere una comfort zone artistica, che sono soprattutto le collaborazioni con l’AIST (associazione italiana studi Tolkieniani). Le opere di Tolkien, scenari storici e fantasy sono la cosa più rilassante da disegnare e su cui misurare i progressi di tecniche, oltre a sketchini di Chiantishire e di altri personaggi miei inediti.

Ho concluso l’anno con una serie di laboratori per bambini, nei musei e nelle biblioteche. Ho incontrato un sacco di bimbi e ragazzi che hanno scritto delle storie fantastiche. Per il 2024 vorrei riuscire ad allestirne di più e a seguirli per più tempo.

Il 2024

Ho sempre una lunga lista di cose da fare, cose iniziate, bozze, idee nuove. Ho anche tantissimi progetti che esistono dalla notte dei tempi e che, saltuariamente, mentre imparo cose nuove, cerco di aggiornare e di riparare.

Per il 2024 ho deciso di dedicarmi a quattro idee da realizzare entro il 31 dicembre. La prima, che non ha una vera programmazione, è semplicemente dedicarmi di più a disegni finiti a tema fantasy e Tolkien.

Chiantishire

Sto lavorando al terzo volume di Chiantishire da tantissimo. Complici i vari stop and go della pandemia, dei lavori, dei blocchi artistici e del tempo che ho dovuto investire altrove. Adesso è quasi finito, ma ho dovuto formalmente uscire dal mio formato standard. Ho capitoli molto più lunghi, oltre che più ricchi dal punto di vista documentario. Ricercare le informazioni è stata una delle parti più complicate. Gli etruschi sono molto interessanti, ma sono dannatamente difficili da comprendere come rappresentare. Le informazioni sono poche, dal villanoviano al IV secolo a.C., e pure ben nascoste. Riuscire a mettere assieme tutto, in un oceano di ipotesi, è stato difficilissimo.
La parte più interessante è sicuramente quella per cui, una volta messe assieme tutte le informazioni su abiti e abitati, su come dovevano apparire, l’immagine che si restituisce è qualcosa di profondamente diverso da ciò che poteva essere immaginato nella Roma tardo regia o nelle città elleniche. A colpo d’occhio – un colpo nell’occhio anzi- sono le città etrusche e Siracusa, tra policromie e dettagli, poiché molto è andato consumato in quanto deperibile. I contrasti nei colori oggi sarebbero abbinamenti impensabili, e molte soluzioni etrusche sono apparentate con realtà orientali.

Sto finendo il terzo volume e di sicuro inizierò subito il quarto, come buoni propositi di quest’anno.

Vorrei dire che sarà più semplice. Ma nel quarto avevo già preventivato che almeno 60 pagine sarebbero state dedicate all’ambiente per me più incomprensibile del mondo.
La mole di materiale che ho raccolto è stata strategicamente tanta perché ho altre storie collegate a Chiantishire, in diversi momenti del tempo. Soprattutto, il materiale archeologico era così interessante che ho voluto anche trovare dei modi per poterlo raccontare. Da quanto ne so è ancora, dal punto di vista narrativo, tutto ancora inedito.

Quando finirò il terzo volume di Chiantishire, mi dedicherò anche ad altre due attività:

Flight of Icarus

Quando inizio una storia gli do il nome di una canzone degli Iron Maiden. Mi serve solo per identificarla, non è mai il nome definitivo.

Flight of Icarus è il nome che ho dato a un romanzo storico ambientato nel Mediterraneo antico (età del bronzo). Non ha a che fare con labirinti o con assedi decennali. Se c’è una cosa che non mi piace sono i retelling, e preferisco sempre avere personaggi originali con loro storie, o usare personaggi mitici per contesti più dinamici. È un’idea che ha cominciato a frullarmi quando studiavo per l’esame di archeologia del vicino oriente antico qualche anno fa. Mi documentavo sulla caratterizzazione di Dioniso per Chiantishire: c’è un aspetto monumentale che mi aveva incuriosito molto e ancora non avevo trovato alcuna risposta da parte dell’archeologia.
La mia suggestione, squisitamente romanzesca, l’ho pianificata. Anche qui andare a trovare delle fonti per raccontare la vita quotidiana di 3500 anni fa è complicato, soprattutto delle donne.

L’età del bronzo, soprattutto mediterranea, è la parte della storia che trovo più interessante. Eestrema dinamicità dei commerci, materiali di scambio, delle idee, e mediamente ogni trenta chilometri i gruppi umani potevano variare tantissimo aspetto e costumi. Era un momento in cui la natura era molto più soverchiante, con enormi spazi senza umanità. Le distanze che percorriamo oggi con qualche ora di nave all’epoca erano giorni, spesso anche verso l’ignoto. Per questo, Flight of Icarus e alcuni altri titoli li ambiento nell’antichità. Non trovo mai qualcosa che riesca a raccontare come piace a me la ricchezza e varietà.

Flight of icarus è uno storico puro, senza personaggi immortali o magie. La presenza del sacro e la percezione del divino nelle mie storie è sempre presente, ma in questo caso non parlante. È una storia di genitorialità e di maternità, di crolli e di fughe via mare. Come buoni propositi nel 2024 vorrei realizzare la prima bozza finita. Illeggibile, magari, ma definita in tutte le sue parti.

Hiraeth

Tra i buoni propositi per quest’anno è riuscire a scalettare e definire questa storia, per poterla poi realizzare nella sua prima, ennesima, nuova bozza.

Si tratta del mio secondo progetto più longevo. Il progettone da cui sono derivati tutti gli altri e che nel tempo si è modificato e ho rimaneggiato molto. Una delle mie saghe preferite è quella arturiana, che ho fruito in molte versioni, e che ha contribuito molto a determinare alcuni aspetti di questa storia. La mia parentesi si è aperta con La spada nella Roccia e si è chiusa con King Arthur – il potere della spada, che è un film molto particolare – io lo amo tantissimo –. Ha avuto il potere di fare un paio di scelte molto particolari. Vedendole, mi sono posta io delle domande su questa mia storia, dove il bambino meno previsto di tutti estrae per sbaglio (o no?) una spada regale e ha un vecchio burbero come mentore. Non è una novità: è forse l’archetipo fantasy che amo più di tutti (Faramir & Gandalf, per esempio).

Hiraeth è una parola gallese molto difficile da tradurre. In inglese viene risemantizzato in un sentimento generale di nostalgia, a cui viene in seguito anche attribuito un legame con un luogo che non si è mai visitato. Ho usato per identificare questa lunga, lunga storia.
Il sentimento cardine che vivono i personaggi, quasi tutti gallesi, è proprio un forte nostalgia, o richiamo, per un luogo, e per un tempo.
Il Galles è un territorio che mi ha sempre affascinato molto. Per paesaggi, folklore e storia, e che vorrei poter visitare prima o poi (un altro dei miei eterni buoni propositi), e per questo ha sempre fatto da teatro per questo mio titolo.

In questa storia, dove i protagonisti sono molto giovani, voglio dare spazio alla natura: i protagonisti scorrazzano a piedi e in bicicletta tra rovine, moli abbandonati, incolti, tumuli e soprattutto circoli di pietre. Le creature fae, intanto, stanno languendo e lasciando definitivamente questo mondo, e questi spazi cominciano a essere vuoti. Voglio dare spazio anche alla musica, poiché i personaggi principali hanno con essa un rapporto particolare (talento innato o pratica continua?), e la musica è un potente veicolo magico.
Questa storia è stata quella che più ha subito tutti i mutamenti artistici e professionali che ho subito io. In modo da renderla leggibile e fruibile, ho sempre sentito non fosse mai il momento giusto per considerarla definitiva. Imparando storytelling, sceneggiatura e leggendo molto, alla fine ho sempre confrontato ciò che imparavo proprio con questa storia, per capire come migliorarla.
Lo scoglio più grande era il formato, e alla fine sono riuscita a trovarlo.

In ultimo, c’erano tre punti che dovevo fissare:
L‘estetica (un po’ dark academia, con navi volanti e duelli).
Gli intenti, e cioè dove questi personaggi vogliono davvero andare a finire. Perché anche i personaggi più interessanti, senza una ragione d’essere, non sanno bene che fare di sé stessi. L’intento di una storia non è la trama, ma ciò che la storia vuole raccontare. In questo caso, è una storia sulle amicizie, anche molto diverse, e di eredità perdute. Sul rapporto tra diverse culture, orali e scritte, sul concetto di memoria collettiva, e di ribellioni. E di sassi, sì. Grossi sassi.
I personaggi sono in realtà il vero nucleo delle storie. Potrei aver creato il più forte sistema magico, ambientazione, usare lo stile migliore di tutti, ma sei i personaggi sono vacui, non comunicano abbastanza, la storia non parte. I miei personaggi sono sempre un po’ particolari, con scelte meno vincenti – non sono paladini, spesso sono bardi, creativi, insegnati, ladruncoli scienziati studiamostri. Tengo molto che tutti abbiano una loro identità definita, un destino noto (se devono essere accoppati, che sia mirabile). Soprattutto sono sempre all’esterno del concetto di cerchia civile. Sono di periferia, dagli incolti, sono donne, poveri, nomadi, culture che non vogliono orbitare attorno ad altre.

Ho fatto una lista di buoni propositi, tentando di mantenermi molto basic. Spero di riuscire a mantenerli tutti, anche siamo già alla prima settimana di gennaio!

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