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I manga: leggerli “oggi”

Da anni realizzo laboratori e workshop di fumetto per infanzia e teenagers.

Il format è diverso e varia a seconda dell’occasione. A volte si tratta di incontri di un’oretta, con classi intere o gruppetti di sconosciuti. O di corsi strutturati su più incontri tematici, o corsi veri e propri. Bambine e bambini possono essere di ogni età, da soli o con tutta la classe, dai 7 anni ai 18 circa.
Si potrebbe pensare che siano i più piccoli a essere una sorta di vittima dei più grandi, perché dovrebbero adeguarsi ai tempi e alla velocità di chi è alto il doppio di loro. Ma non succede.
Avviene sempre l’esatto contrario: sono i più grandi che si adeguano ai tempi dei più piccoli con estrema naturalezza. Senza che nessuno debba chiederlo, e le informazioni che distribuisco, edulcorate e semplificate per il target più piccolo, sono colte con interesse e impegno.
L’unica richiesta che faccio è sempre di tenere bassa la voce perché siamo in un edificio pubblico (scuole, festival, musei, biblioteche).
Durante queste lezioni, sia che siano incentrate su miti e archeologia che su semplice disegno, mi raccontano le storie più incredibili. Fanno un mix di tutto ciò che piace a loro, creando avventure dove i loro personaggi difendono gli alberi, parlano con gli animali, affrontano cattivi, hanno tanti amici diversi, usano magie e suonano musica.

Il Domandone

Il fumetto è un media fatto da diversi formati. Quando chiedo loro quali fumetti conoscono sono tutti un po’ timidi, finché non pronuncio la domanda fatale:

“Conoscete anche qualche manga?

Ecco un coro di sììììì!

E prima del coro ci sono sporadiche manine che dicono che leggono. Sio, o Topolino, o un Tex che ha il nonno perché lo leggono assieme. I manga invece sono qualcosa che invece si scelgono loro e subito ci tengono a elencarli e dirmi il loro personaggio preferito e sapere se li leggiamo anche noi che facciamo i fumetti.
Io ne ho letti parecchi, soprattutto da ragazzina. I miei amici leggono manga, i miei parenti e i miei colleghi o ne leggono o vedono anime. Molte delle mie soluzioni di disegno e di scrittura sono ispirate dalle opere di mangaka che amo, da altri autori e autrici occidentali che comunque ne hanno subito grande influenza a loro volta. Certo non in maniera totalizzante come le autrici pienamente manga italiane, ma ne guardo molto e non ne faccio mai mistero.

La cosa non mi sorprende in sé che i ragazzini leggano manga.
Mi sorprende invece la risposta adulta non solo di totale repulsione. Pure di sincero stupore per la loro stessa esistenza recente e fruizione, e di totale invalidazione aprioristica del formato. I manga sono visti come qualcosa di distraente verso letture “vere”. Come capita ai fumetti in generale, come ‘sciocchezze’. Non c’è modo più veloce per inimicare l’età adolescente alla lettura nello squalificare tutto ciò che fanno e proporre la lettura in sé, specialmente di mattoni Ottocenteschi che spoiler in origine erano pensati per adulti e non per bambini, come un dovere.

Ma la domanda resta sempre lì, sospesa e immutata, mai affrontata.

La stessa, da quando io comprai il mio primo manga pagandolo in lire, a oggi, quando faccio i laboratori di fumetto, a cui però non si vuole seguitare la risposta. Non è una moda, non è un fenomeno fulmineo, non sono arrivati ieri. E chi oggi va verso i 50 facilmente si sarà abboffato di robottoni ed orfanelle dalle storie tragiche di origini giapponesi. Mi sorprendono gli “addetti ai lavori”: si lamentano che ora ci sono i manga che “distraggono” dai loro volumi pensati solo per adulti. Resta sempre un’affermazione, e mai la domanda.

Perché il pubblico più giovane, da trent’anni, preferisce i manga agli altri formati?

Lo Scimmiotto e il Naufrago

I problemi sono tanti ed enormi. Tutti radicati nel fatto che la bolla che è il mondo fumettistico, soprattutto quella che in Italia tira la vela negli ultimi trent’anni, non ha mai affrontato tante questioni sul serio.

Ciò che mi preme in questo post parlare non è tanto fare l’elenco di questi problemi (tantissimi), ma di una serie di possibili ragioni per cui da trent’anni una percentuale di teenagers sempre più alta preferisce i manga ai fumetti atlantici (europei e statunitensi). Lo scrivo perché molti adulti, in questi anni, me lo chiedono. Cominciano a essere davvero un numero statisticamente rilevante, là dove il resto dei formati di fumetto non è così appetibile ai loro occhi. Mi sono trovata in questi anni a parlarne con genitori, insegnanti, bibliotecari, librai, operatori museali. O adulti semplicemente curiosi del fatto che il manga è entrato nella loro orbita attenzionale ed essendo un oggetto intellettuale così polimorfo non sanno bene come affrontarlo. Ma spiego la parte più importante sempre: i manga sono strutturati per target d’età. Di conseguenza non tutti i titoli possono essere adatti al/la minorenne che li legge. Quindi è perfettamente normale che l’adulto deputato decida di non permetterne la lettura nell’immediato. Ma è la norma nei rapporti tra adolescenti e adulti da decenni che esista un qualcosa che fa attrito tra le parti: musica, letture, eventi.

Le strutture diverse

Nei festival e nei comics infatti ragazze e ragazzi si fiondano solo sui bancali di manga. Si perdono anche dalle nostre parti delle self, dove comunque si soffermano con vivace curiosità prima di proseguire.
A mia volta ne sono stata incuriosita da tutte queste letture che i miei alunni mi elencano e per me nuovi (soprattutto tanti slice of life). Così ho provato a fare un confronto con le mie prime letture e cercarne differenze e contatti.
Alla fine, non ho potuto che arrivare alla conclusione forse più banale e ovvia, che purtroppo non viene quasi mai affrontata seriamente.

I manga non sono solo una serie infinita di botte da orbi e belle ragazze tanto quanto i supereroistici, con meccanismi di suspence e cliffangher. Sono storie tarate su determinate caratterizzazioni che non riguarda solo la mera questione di essere ‘character driven‘, mentre i fumetti atlantici sono ‘plot-driven’. C’è un motivo semplice per cui i teenagers arrivano a conoscere la storia del Sayuki con Son Goku, quasi quanto l’Odissea con Ulisse. Entrambi storie di viaggi, di esplorazioni e di avventure di secoli fa. Ma mentre Ulisse è un uomo adulto e sicuro di sé, Son Goku, in ogni sua nuova vita di carta, è un ragazzino rimasto da solo.
Perché quello che i manga sanno scegliere è il punto di vista.

Sailor Moon (Naoko Takeuchi)
Ranma 1/2 (Rumiko Takahashi)
Lady Oscar (Riyoko Ikeda)
One PIece (Eichiro Oda)

Punti di vista

Nei manga che leggiamo il punto di vista è quello di giovani ragazze o ragazzi. Donne, e/o giovani: due categorie che nel mondo del fumetto europeo e americano ha trovato sempre poco spazio. E quando lo hanno, nei titoli top e strutturati nel tempo è quasi sempre orbitale rispetto al punto di vista principale di un eroe uomo, adulto e professionalmente esperto. Le “donne di” e gli “aiutanti di”.
Ma non è solo questo.

Si tratta sempre, sempre, di persone ai margini.

Il punto focale, oltre la struttura “character driven”, è questo.

Protagonista

Il/la protagonista dei manga è spesso la persona meno sveglia della sua quotidianità, se a scuola ha voti mediobassi; è di carattere remissivo (il classico “good guy”) o emotivo (il classico iperattivo che può scazzottarsi a scuola). Non ha nessuna skill sociale, e ha solo un paio di amici veri pronti a seguirlo in strane avventure. Non è una persona ricca, o comunque non esibisce oggetti lussuosi. Se è maschio, soffrirà per non essere abbastanza intelligente come il suo amico più sveglio, o misterioso come quello che piace di più alle ragazze, o muscoloso come il suo amico più atletico, e di non essere riuscito a fare abbastanza per salvare le persone a lui vicino. Se è femmina, piuttosto similmente: non abbastanza bella, o non ancora abbastanza ‘grande’, graziosa, intelligente, forte nel proteggere chi le è vicino.

Il tema del “cavaliere solitario” si è esaurito con Mad Max / Gatsu. Poi ha ispirato una progenie di giovani eroi che partono sì come ‘paggetti solitari’, ma non diventano cavalieri solitari. In pochi episodi si ritrovano in una banda di amici. Per quanto le situazioni siano cruente, c’è sempre il tema di proteggere l’elemento più fragile del gruppo. Le protagoniste non devono scegliere se essere cazzute guerriere o romantiche principesse: sono entrambe. E nel gruppo che ruota attorno al/la protagonista si trovano personaggi diversissimi per aspetto e background.

Le ragazze

E non sono solo carine o belle: le protagoniste disegnate da donne sono anche goffe. Le possiamo vedere mentre sono in pigiama, o addirittura, come fu per Una ragazza alla moda, se ne sbattono altamente di “piacere”. Vogliono andare in bicicletta, lavorare e uscire con le amiche. E soprattutto il/la protagonista, goffi, possono essere migliori amici di un personaggio sofisticato. Le ragazze possono essere molto studiose e/o atletiche. I ragazzi possono appassionarsi a sport o a strumenti artistici. Che poi, nell’economia della storia, possono diventare armi per combattere la loro avventura. (Musica, canto, scettri magici, maschere, burattini, diari … le armi vere e proprio non sono così diffuse come sembra).
Soprattutto, i personaggi sono assolutamente imperfetti, emotivi, perennemente in paranoia, empatici ai confini del melodramma, al centro di enormi questioni morali ma anche con scene di grande autoironia. Il protagonista può essere il più scemotto patentato, ma sarà guidato da un’incrollabile idea che andrà bene, e che lo potrà fare grazie all’amicizia. Soprattutto non sopportano le ingiustizie, ma non dal punto di vista penale, ma dal punto di vista etico e morale.
Naoko Takeuchi, la creatrice di Sailor Moon, disse che costruì Usagi Tsukino immaginando una ragazza con cui avrebbe voluto essere migliore amica.

Le società

Inoltre, la cosa forse più interessante: i protagonisti, dall’inizio alla fine, sono socialmente inadeguati. In altre parole il loro arco narrativo si basa sì su un problema da risolvere, ma una volta affrontato non sarà socialmente vincente. In altre parole: la storia punta a soddisfare o raggiungere un traguardo del protagonista. Ma questo non coinciderà con ‘premi’ che lo renderanno con evidenza più socialmente potente, o ricco, o dominante. Si risolverà realizzando il sogno/ risolvendo il problema iniziale.

E, non ultimo: i titoli sono sempre nuovi, e si accompagnano a titoli ben più solidi.
Non tutti ovviamente sono di buona qualità, riusciti e interessanti. Soprattutto nella sterminata produzione slice of life o di azione dove le storie si somigliano parecchio. Di certo molti titoli hanno un’alta qualità tra le sue componenti.
Ogni storia, anche quella apparentemente più fantasiosa, ha sempre al centro i personaggi e il loro vissuto. Abbandoni, drammi familiari, personaggi responsabilizzati, ma soprattutto critiche alla società soffocante e sempre più performanti nelle economie asiatiche.
È questo frullato di fragilità e di inciampi che li rende emotivamente attrattivi al pubblico più giovane, perché è il tipo di personaggio con cui riescono a immedesimarsi.

Nell’atlantico

Tutto ciò quasi mai trova spazio nel fumetto atlantico che ha inoltre la tensione di porsi come più intellettuale. Punti di vista diversi, critiche alla società, o anche solo la costruzione del personaggio: là dove i manga fanno dell’imperfezione, l’inadeguatezza e l’inesperienza il fulcro del/la protagonista, noi abbiamo soprattutto protagonisti maschili adulti, maturi, già professionalmente esperti pressoché infallibili, dove non si tratta di ‘sfigati’ ma di ‘eccentrici’, in storie atemporali completamente distaccate dalle realtà che loro vivono. Questo perché l’Italia soprattutto ha rinunciato da decenni a raccontare le quotidianità delle persone. Si favorisce, anche negli young adult, invece situazioni prive di qualsiasi critica vagamente sociale e contestualizzazione perché non si occupano di quasi nessun problema realistico. Sono pochissimi gli autori che se ne occupano di raccontarne, come Zerocalcare, e infatti le sue storie, cartacee e animate, sono sempre un successo.

Questi sono i motivi per cui ritengo che il pubblico adolescente preferisce i manga agli altri formati.

I ragazzini di oggi forse sono più sensibili di quanto potevamo esserlo noi, o semplicemente hanno più possibilità di comunicarlo. Ma di fatto, non trovano altri prodotti che banalmente parli di adolescenti. Il manga è l’unico luogo creativo dove possono ancora non tanto leggere, ma sentirsi visti.
A differenza di tutti gli altri prodotti, i cui esecutori trattano i “ragazzini” come se fossero colpevoli di qualcosa aprioristicamente, il manga li fa sentire non solo in una zona loro, ma pure compresi e capiti.
Di conseguenza, se vostro/a figlio/a legge manga, non disperatevi: semplicemente non ha ancora trovato un altro formato di intrattenimento da cui si sente rappresentato e visto, in qualche modo, e questo accadrà quando diventerà più grande.

Nel mentre, se volete che leggano anche altro, non dovete fare altro che ascoltarli. Non è necessario che capiate tutti gli svincoli delle side quest, i nomi e le (assurde, certamente, come tutte) tecniche di combattimento. Ma perché quella storia per loro è importante, senza invalidarne le istanze né il tempo esperienziale.

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