Cinema,  Cultura

Il Corvo

Buongiorno e bentrovati, dopo questa lunga pausa!
Con l’articolo di oggi voglio parlare di un argomento particolare. Per questo, prendo a prestito il film de Il Corvo.
Filmone che ho potuto vedere nella mia tarda infanzia / prima adolescenza. Poi per quasi vent’anni non ho più rivisto. Vissuto per me nella cappa del bel ricordo mitico e adesso, complice reti che mandano a nastro i vecchi titoli, sono riuscita a rivedere. Tipo incrociarlo 4 volte in 2 mesi.
Ricordo che mi era piaciuto tantissimo. Talmente iconico nel suo stile e aspetto che non è un caso che poi 20 anni dopo disegni anche gente vestita di nero. Con poteri soprannaturali che va a zonzo di notte. Una delle mille influenze.

Locandina de Il Corvo
Locandina – Che già in due parole e tre colori dice tutto ribaltando tutto il ribaltabile.

Perché uso proprio il Corvo? Perché il tema che vorrei affrontare da qualche settimana lo riguarda e ne considero proprio questo film come un esempio perfetto:

L’innovazione nella caratterizzazione delle creature fantastiche codificate.

È un tema che ho brevemente analizzato nella mia tesi di laurea, che ha riguardato le autrici di fantastico, con il ruolo delle donne come creatrici, pubblico e personagge.

Abbiamo sempre l’idea che le creature fantastiche siano sempre le stesse: l’alieno, il vampiro, l’elfo… In realtà queste entità hanno subito diversi slittamenti semantici nel corso della loro “vita”. Dalla loro identità nei folklori locali al loro ruolo invece nella letteratura e cinematografia fantastica. Le due situazioni non coincidono: l’elfo o il vampiro che leggiamo oggi in un romanzo non è lo stesso nel folklore, perché le necessità comunicative sono cambiate. Queste creature hanno una notevole capacità adattiva nel fare questi salti di media pazzeschi.
Il modo in cui infatti questi elementi (dispositivi o agenti narrativi, li chiamo) si evolvono nel tempo e nei media non è mai casuale. Sono figure che saltano di media in media, di storia in storia, aggiornandosi costantemente. Ma tornando al tema, l’esempio di cui vorrei parlare è proprio Il corvo. Perché:

Il Corvo (1994)

Film ispirato all’omonimo fumetto del 1988 di James O’Barr, nella pellicola si racconta la storia di:

Detroit, 30 ottobre. Il musicista rock Eric Draven viene trovato morto per strada, colpito mortalmente e gettato dal suo appartamento, dove viene trovata agonizzante e abusata la sua fidanzata, Shelly, che morirà in ospedale il giorno seguente. Un anno dopo, Eric esce dalla sua tomba per portare a termine la sua vendetta.

Questo film è noto anche per la tragica morte sul set di Brandon Lee. E per le varie e ridicole accuse che da 50 anni ci si trascina sul binomio musica rock/metal & il satanismo /uso di droghe/ violenza / e altre creature immaginarie nel fantabosco di Bigottolandia. Ha una storia pazzesca, personaggi atomici, stile, trucco e parrucco. Rivisto da adulta, con un po’ più di letture sul tema, ho notato una serie di rielaborazioni sul personaggio di Eric molto interessanti. Lo rendono un esempio attuale e vivo, e non lo lasciano lì solo come icona immobile dei brillanti anni Novanta, di reinventazione.

Il film poverino non è invecchiato splendidamente. Antagonisti un po’ caricaturali, battutelle dei cattivi. Un budget forse basso, per i rimaneggiamenti poi chiuderlo e le katane, ma si difende benissimo ed è ora un gran bel vecchietto. La katana forse è proprio il simbolo di “Ma perché?” e contemporaneamente “Ma perché no?”.

Proprio nel ruolo di Eric che ci sono due temi importanti:

  • la rielaborazione delle caratteristiche standard di Coloro che Ritornano dall’Oltretomba.
  • Il suo inserimento perfetto nella cornice di una Detroit del 1994.

Perché per quanto contenga elementi di thriller (criminali che compiono azioni violente da fermare), azione (duelli & katane), supereroistica (indossare la maschera per essere sé stessi) gotico (romanticume, poesia & morte), e horror (gente morta che ritorna sui propri piedi) e soprannaturale (poteri astrusi), ha una tematica particolare che è proprio urban fantasy.

La Detroit de Il Corvo

La scelta di Detroit come città infatti non è un caso: è una città che da decenni ha una fama sempre più fosca di crimini efferati e con criminalità sempre più organizzata… in cui piove. A Detroit fa un freddo atomico, perché sorta in uno degli entroterra più gelidi del continente nord americano a ridosso di fiumi e laghi. Quindi oltre al freddo piove un sacco. Scelta strana, per una storia d’amore nei brillanti anni Novanta, quella di infilarsi in una dimensione eternamente notturna e piovosa.

Ne Il Corvo infatti i protagonisti sono due. Con Eric e il suo corvo/famiglio, c’è anche la stessa Detroit, di notte e sotto la pioggia. Quindi non si tratta di una storia solo horror. È caratteristicamente urban fantasy. Anche smaccatamente dark, perché la vicenda di Eric e Shelly non si può muovere da Detroit, dal suo contesto, dalla sua cornice di criminalità, armi da fuoco, dello spaccio di droga e da un generale sentimento arrendevole allo schifo della situazione a cui Shelly aveva provato a opporsi, motivo per cui è stata uccisa.

Shelly infatti non ha alcun ruolo in tutto ciò, poverina. Le spetta solo quello di essere vittima e movente delle azioni di Eric. Ma a differenza di storie passate, Shelly non è solo una vittima muta e ignara. Shelly si era opposta alle speculazioni criminali messe in atto dagli antagonisti, una sorta di riscatto.

Il Corvo quindi non si può staccare da lì. La stessa storia non può andare in Texas o a New York senza subire una restaurazione urbana.

Corvi & Urban Fantasy

A questo si aggancia la capacità tutta statunitense di riuscire a prendere pezzi di tradizioni folkloristiche arrivate da chissà dove. Buttarle nel calderone contemporaneo e girare tutto con una katana come mestolo. Il modo che hanno negli USA di aggiornare costantemente le loro leggende urbane, i personaggi e le strutture già date per codificate nella vecchia Europa è rapido, veloce e autoalimentante. In Europa abbiamo una leggenda o un mito? Presto o tardi negli Usa qualcuno lo prenderà, lo pacioccherà, ci farà un titolo (cartaceo o video che sia) in grado di rilanciare quel mito, che tornerà in auge e ritornerà nella vecchia Europa: coi vampiri è andata esattamente così. Cosa sarebbero i vampiri oggi senza Lestat e Blade?
Questa velocità è data soprattutto dal fumetto. E dal fumetto underground, che è riuscito a intercettare quasi immediatamente le situazioni estreme da raccontare, e spesso lo fa proprio innestandosi dalla musica. Questo titolo arriva da ispirazione da un fumetto, è classificato anche come superhero, e la musica si lega poi al protagonista.
L’altro paese così veloce in questo è il Giappone coi manga. Si tratta dei due estremi catalizzatori di produzione. Gli USA spingono tantissimo il cinema mainstream, il Giappone tutta l’industria dell’immagine, entrambi media di autonarrazione per il paese patrio. Permette di avere una rapidità di esecuzione, di adattamento degli archetipi velocissima.

Eric Draven viene ucciso la notte del 30 novembre. Esce dalla sua fossa l’anno seguente. Cammina per le notti di Detroit (salta, più che cammina). Si crea un costume.

Ma in fondo, cos’è diventato Eric Draven?

I Ritornanti

A sorpresa, Eric Draven è una creatura difficile da catalogare. Chi è?

  • Uno zombie perché torna dalla tomba? No, è perfettamente senziente e mantiene i suoi ricordi.
  • Un vampiro? Non beve sangue né è danneggiato apparentemente dal sole.
  • Un fantasma? Ha un corpo materiale.
  • Un uomo maledetto? Non è maledetto. Eric è una vittima, non ha commesso nessun peccato. Anzi, la sua sfortuna è paradossale: Eric e Shelly vengono puniti perché felici. Perché in una Detroit violenta e fatta di soprusi, pensare di vivere di musica, legalità, sposarsi con l’amore della vita e vivere poveri ma belli è pura fantascienza.

Queste sono le codifiche delle creature gotiche e dell’orrore, ma attuali. In realtà, Eric potrebbe essere un Ritornante. Una persona morta improvvisamente che ha dei conti in sospeso e, dopo la morte, riesce a tornare tra i vivi per sbrigare le sue ultime faccende, e poter riposare in pace.
Solo che in genere si trattava di testamenti (faccende di vita reale), predatoria (se il defunto era stato maledetto e quindi attaccava i vivi indiscriminatamente), o di vendetta (per quanto concerne i fantasmi ossessivi di chi è morto di morte violenta, costretti a ripetere sé stessi fino all’esorcismo).

Eric sarebbe, a spanne, una mezza via tra un vampiro e un ritornante.
Vampiro, perché egli è perfettamente consapevole di sé, delle sue azioni, acquisisce poteri soprannaturali, e del suo nuovo ruolo fuori la civiltà. Eric non si comporta in maniera spregiudicata gratuita, ma segue una sorta di a-moralità. Ha una sospensione e un distacco dal rapporto persona- collettività, che invece non ha quando ritrova Sarah. Non è malvagio, ma non fa più parte del codice di leggi e status quo che governa la vita dei vivi nella cerchia civile. Applica un suo codice personale.
Ritornante, perché non può piovere per sempre. La sua permanenza sulla Terra si conclude quando ha concluso la sua vendetta, e può quindi tornare nella sua tomba che non lascerà più.

I vampiri

Il mondo dei vampiri ha tante caratteristiche che dalle leggende balcaniche e dell’Europa orientale non sono mai arrivate allo schermo. Caratteristiche che sopravvivono nelle prime storie gotiche, prima di stabilizzarsi.

Nelle Europe lontane…

I vampiri possono muoversi di giorno, per esempio, il sole non li danneggia. Si risvegliano per vendicarsi di un torto subito, vengono evocati e risvegliati e questo porta male e pestilenza in terra. Sono irresistibili anche se non di aspetto gradevole, hanno una forte empatia che gli consente di avvertire o assorbire i sentimenti e dolore altrui. Mangiano e bevono oltre alla nutrizione di sangue, sviluppano forza e velocità sovrumana. Governano le bestie, soprattutto feroci e connesse con le sepolture, e ne prendono l’aspetto. Possono essere corpi cavi in cui si annida uno spirito maligno da esorcizzare, o cadaveri non senzienti che manducano il sudario. Spesso erano individui poveri, morti in maniera violenta, che si risvegliano non per vendetta ma per strisciare fuori dalla tomba e uccidere. Si nutrono delle energie dei vivi, come un grosso parassita inconsapevole e disumanizzato che di giorno dorme nella sua fossa. Possono essere una persona insospettabile che si nutre di energia altrui fino alla consunzione della vittima. Una condizione che li rende molto vicini ad altre creature, come streghe e mutaforma e che sottintendevano una cosa: non siete soli, e non siete al sicuro.

Nell’intrattenimento moderno

Nel cinema e nella letteratura fantastica è sopravvissuto il modello sensuale: una persona di bell’aspetto, anche cagionevole, di alto rango sociale, ben giudicato dalla società. Un predatore scaltrissimo che, novella dopo novella, nome dopo nome, fa transitare il flagello dei Carpazi (poveri qualunque morti per cause improvvise, seppelliti e poi all’occorrenza decapitati, bruciati o impalettati, per levarsi il dubbio) tramite un meccanismo di esoticità e sensualità fino a salotti inglesi per bene, che ospitano un gentleman vestito come loro, che conversa come loro, che tratta affari come loro. Nessuno penserebbe mai che il buon signor Darcy sia uno spregevole mangiatore di uomini o peggio, un plebeo. Non è un caso infatti se tra tutte le tipologie di vampirismo locale delle isole britanniche, nei nuovi media nessuna diventi concorrenziale con le belle persone tenebrose, maschi e femmine, dell’Assia, Boemia e Balcani.
Il vampiro è quindi il predatore più adattativo del mondo fantastico: il suo segreto? Non smettere mai di esserlo. Tutte le sue azioni sono indirizzate, presto o tardi, alla predazione. Partendo dagli individui più fragili (poveri e bambini), infrangendo le relazioni (allontanando servitù e amici fedeli della vittima), attirando infine la vittima finale prima di radunare le sue cose e andarsene. Di quest’arco di due secoli ne è un esempio interessantissimo il big boss: Dracula, da Bram Stocker alla sua ultima rappresentazione riuscitissima nella serie tv di Penny Dreadful.

Eppure, se il vampiro è diventato un uomo per bene ed Eric ne Il Corvo era solo un ragazzo con una band, cosa succede da fine anni Settanta scorsi?

Nuovi vampiri

Nel cinema USA questo concetto ruota di nuovo: i vampiri usano le motociclette, vestono “come noi”. Come soprattutto i giovani di allora.

Ancora una volta il vampirismo ritorna a essere risemantizzato. Come era stato nell’Ottocento, a sinonimo di sessualità e proibito, dove il gesto del succhiare il sangue aveva un ruolo erotico sottinteso ben preciso per una società soffocante, puritana e bigotta come la vittoriana. Solo che cosa è cambiato nel mentre?

Che a differenza del 1880, nel 1980 i giovani uomini non vanno più in giro vestiti come il loro altero padre e il loro alterissimo nonno. No, la scolarizzazione e la dilatazione dell’adolescenza permette a uomini di vent’anni, che negli anni Ottanta negli Usa si sono scampati la guerra, a poter vivere e vestirsi in maniere del tutto fantasiose. A non essere già responsabili come lo sarebbero stati anche solo i loro genitori: casa, lavoro, famiglia.
Si può ancora andare in giro a bighellonare coi propri amici, in motocicletta. O suonare in una band hard rock. La sostanza degli incubi dei bravi genitori americani: i gruppi di motociclisti potevano nascondere gruppi omosessuali, l’hard e il glam rock invece satanismo e droga. 1880 o 1980, sempre sesso, morte, musica (Opera & rock).

Il Corvo fuori dalla civiltà

Ma dato che Eric ne Il corvo è l’eroe della storia, vittima e il protagonista, è queste cose, ma non si dichiara niente. Non è vampiro, non è ritornante. È una vendetta che cammina, cosa che è resa possibile proprio da nuovi media e nuovi contesti. Una cosa nuova che si è adattata alla periferia degli anni ’90.

Eric usa le caratteristiche del vampiro gotico in chiave di ritornante.

Quello che è interessante della sua psiche è che Eric viene dipinto come un bravo ragazzo. Suonava con la sua band, un po’ eccentrico forse, ma innamorato di Shelly con cui si sarebbe sposato il giorno seguente ad Halloween. Lo spettro della felicità che non hanno potuto avere, un amore puro contro la crudeltà della città, segue Eric per tutta la storia. La sua figura malinconica e romanticamente gotica, viene investita da una missione, che lo rende subito conscio di essere un passo fuori dalla cerchia civile. Eric non è più umano. La consapevolezza di avere poteri magici, così come essere stato privato della compagna, lo rende maturo e consapevole. Non è più al centro della civiltà, ma al suo esterno.

Quindi può vendicarsi e ripristinare l’ordine che la civiltà non riesce a darsi.

Perché Eric non si vendica e basta, ma lo fa in maniera creativa, acrobatica e spettacolare, così come in maniera acrobatica si riprende i suoi ricordi e il suo dolore.
Si crea una nuova faccia, una nuova identità e potrebbe semplicemente porre fine alla sua vendetta, ma non lo fa: restaura l’ordine.

L’innovazione del suo personaggio è infatti questa: non si limita a terminare la sua storia, ma restaura l’ordine delle cose. Shelly avrebbe fatto da madre adottiva a una ragazzina, Sarah, che lui salva; ne salva la madre naturale dalla droga; delega i poteri di ordine e tutela all’unico poliziotto che si sta sbattendo per la verità. Annuncia l’alba. E, alla fine, una volta ristabilito l’ordine, ritorna da dove è venuto.

Eric risinonima in sé il tema del cavaliere solitario, nel suo essere solitario per davvero, ma in chiave diversa da un Batman qualunque. Perché Eric parte già da una dimensione che per la società era oscura (un ragazzo musicista hard rock, un po’ eccentrico), in cui aveva però trovato la sua dimensione nell’essere escluso, dal centro della città, poiché proprio dalla città sono stati traditi.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *